Complice il grande successo internazionale del Lambic e l’ascesa di alcune particolari realtà brassicole, negli ultimi anni in Italia si sono affacciate alcune produzioni totalmente a fermentazione spontanea, prodotte sulla falsariga delle birre acide del Pajottenland. All’elenco si aggiunge ora la Formicarum Red (7,4%), seconda creazione di Ca’ del Brado (sito web) appartenente a questa speciale tipologia. È infatti la sorella della Formicarum, che fu lanciata dall’azienda emiliana lo scorso gennaio e che ne segue in parte il processo produttivo. Il mosto dunque è stato “fecondato” con i microrganismi presenti nella cantina di Ca’ del Brado, che hanno conferito un’acidità elegante e composita, oltre a toni fruttati di frutti rossi, bacche, agrumi e pellame, il tutto accompagnato da una gradevole nota vinosa e un accenno speziato. La Formicarum Red sarà presentata sabato 28 ottobre durante un evento ad hoc con proposta gastronomica studiata appositamente. Se poi siete fan dei lieviti selvaggi, ricordiamo che proprio Ca’ del Brado sarà protagonista della degustazione online che terremo su Formazione Birra giovedì 9 novembre.
Dall’Emilia ci spostiamo in Piemonte per introdurre una delle tante birre collaborative della rassegna odierna. La partnership è di quelle importanti, perché da una parte c’è il birrificio Canediguerra (sito web) di Alessandria, dall’altra il rinomato produttore inglese North Brewing (sito web) di Leeds. Dal loro incontro è nata la Baccano (6,2%), una Cold IPA caratterizzata dall’impiego di mosto di uva Brachetto, un vitigno autoctono piemontese conosciuto per la sua grande aromaticità . Secca e delicatamente amara, nella Baccano è possibile ritrovare una prevedibile sfumatura vinosa (comunque molto leggera) e note fruttate e floreale provenienti sia dall’ingrediente speciale, sia dai luppoli selezionati appositamente per accompagnare la definizione del bouquet. Fun fact (poco “fun” per la verità ): in etichetta la parola “grape” è “censurata” per evitare problemi di natura burocratica, mentre nella descrizione della birra sul sito di Canediguerra non si fa esplicito riferimento al tipo di uva. Sono solo alcune delle folli regole con cui sono costretti a barcamenarsi i birrifici italiani.
Un’altra collaborazione internazionale (ma molto italiana) è quella che si cela dietro la nuovissima Mullaghmore (4,5%), una Best Bitter prodotta da Angelo Ruggiero del birrificio pugliese Lieviteria (sito web) e Francesco Sottomano del birrificio irlandese Lough Gill (sito web). I due birrai si sono ispirati all’iconica Sussex Bitter di Harvey’s, elaborando però una ricetta non così classica: il grist costituito prevalentemente da malto Golden Promise integrato da Crystal, Cara e un pizzico di Chocolate; luppolatura effettuata con varietà tradizionali Challenger e Bramling Cross; hopback – e qui si scopre l’elemento di modernità – con luppolo Cascade in coni. Interessante anche lo studio sull’acqua, modificata per garantire livelli di solfati e cloruri più alti del normale. Il nome della birra è ispirato all’omonimo villaggio della contea di Sligo dove ha sede di Lough Gill: una zona di grotte, castelli, spiagge e surf, tradizionale e selvaggia ma ricca alle aperture da mare e da terra.
È invece tutta italiana la collaborazione che ha portato alla nascita della Mona Mour (6,5%), bassa fermentazione realizzata a quattro mani da Simone Dal Cortivo di Birrone (sito web) e Gino Perissutti di Foglie d’Erba (sito web). La birra appartiene alla tipologia delle India Pale Lager, uno stile affermatosi in tempi recenti che unisce l’immediatezza delle Lager alle generose luppolature delle India Pale Ale di stampo moderno. Forse sta passando sotto traccia, ma negli ultimi mesi abbiamo registrato il lancio di numerose basse fermentazioni luppolate, a volte definite effettivamente India Pale Lager, altre Cold IPA – che non sono altro che una variazione sul tema delle IPL. Tornando alla Mona Mour, è l’ennesima collaborazione tra Birrone e Foglie d’Erba: noi ne ricordiamo almeno altre tre, ma è possibile che siano anche di più. Voi invece ricordate in occasione di quale festival fu presentata la prima collaboration brew tra i due birrifici?
Chiusa la parentesi delle collaborazioni torniamo a occuparci di uva, perché il birrificio veneto LZO (sito web) ha recentemente annunciato la sua prima Italian Grape Ale. Si chiama semplicemente IGA (6%), appartiene alla linea Drop Out dedicata alle one shot ed è brassata con l’impiego di uve Glera fornite da Adami, storica tenuta vinicola del Conegliano Valdobbiadene. La birra si contraddistingue per un ventaglio aromatico molto intenso , in cui si spiccano note fruttate di mela, agrumi e fiori bianchi. La leggera acidità , unita alla viva carbonazione, rende il sorso scorrevole e veloce, lasciando alle persistenti note fruttate il compito di chiudere la bevuta. La IGA è confezionata in lattina, un contenitore che sta cominciando a diffondersi in Italia anche per le rappresentanti di questo stile – citiamo come precedenti quelle di Eremo, Birrificio della Grande e De Lab/Extraomnes.
E c’è un po’ di uva (sebbene in maniera “secondaria”) anche nella Nefti (8,2%), novità annunciata di recente dal birrificio molisano Kashmir (sito web). Lo stile di riferimento è quello delle Double IPA realizzate con la tecnica del double dry hopping, ma oltre ai luppoli Galaxy e Solero è stato impiegato lo sperimentale YCH 303 Trial, un mix di Citra, Mosaic e Simcoe arricchito con Phantasm, cioè la polvere ricca di precursori tiolici provenienti dalla lavorazione delle uve Sauvignon Blanc. È una birra con una struttura maltata leggera ma strutturata, in cui il malto d’orzo (varietà Pils della Monfarm) è accompagnato da una percentuale di avena e frumento, entrambi maltati. La fermentazione infine è opera di un ceppo di lievito Green Mountains.