Con colpevole ritardo finalmente pubblico un post sul libro in oggetto, che ho da poco finito di leggere. Si tratta della Guida alle birre d’Italia di Slow Food, curata da due rispettabili nomi del settore: Luca Giaccone e Dionisio Castello. Si tratta di un lavoro immenso, che ha portato la redazione ad assaggiare e valutare circa 350 birre provenienti da 132 microbirrifici e 9 grandi aziende (su quest’ultimo dettaglio torneremo in seguito). Il risultato – tengo subito a precisarlo – è secondo me un vero e proprio gioiello editoriale.
Sebbene il libro consti di circa 300 pagine, le schede su birre e birrifici partono con abbondante “ritardo” rispetto all’inizio della guida: la prima, corposa parte è infatti dedicata a introdurre l’argomento birra, affrontandolo da ogni punto di vista: si inizia con la storia della bevanda (con un capitolo dedicato interamente al nostro paese), si passa ad illustrare ingredienti e processo produttivo, quindi si analizzano i sapori e gli aromi, gli stili birrari, le regole del servizio, fino a concludere con un godibile capitolo sugli abbinamenti. Una prima parte molto ricca di nozioni, ma che risulta piacevolissima da leggere e anche istruttiva, senza tuttavia scadere in un’arida esposizione didascalica. Davvero un’ottima apertura, che valorizza l’opera tutta quando in situazioni analoge simili “introduzioni” risultano noiosi riempitivi.
Dopo le prevedibili “istruzioni all’uso” della guida e prima della rassegna dei birrifici e relative produzioni, è presente una pagina con la lista delle etichette, una ventina di birre considerate il top del top dell’attuale stato dell’Italia brassicola: ovviamente troviamo molti nomi conosciuti, anche se le sorprese non mancano, come ad esempio la Rajah realizzata da Stazione Birra, brewpub alle porte di Roma.
Passando alle pagine dei produttori, che naturalmente coprono gran parte della guida, si scopre uno schema costante per ogni birrificio: informazioni anagrafiche all’inizio, una ventina di righe di descrizione per l’azienda e a seguire le schede di ogni birra: è riportato nome, grado alcolico, formato più diffuso, valutazione, fascia di prezzo e descrizione. Vediamo di analizzare ognuno di questi elementi…
Partendo dalle informazioni anagrafiche dei birrifici, accanto ai dati canonici (indirizzo, telefono, tipologia, ecc.), ne troviamo altri più insoliti e sicuramente preziosi: ad esempio sono spesso riportati l’anno di fondazione, gli ettolitri e le bottiglie prodotte, il tipo di distribuzione, gli orari di apertura; già da questo dettaglio si capisce la cura ricercata per ogni scheda.
La descrizione del birrificio è un elemento che può sembrare di contorno, ma che a mio giudizio rappresenta uno dei punti di forza della guida: grazie a quelle venti righe per ogni produttore, è possibile ripercorrere la storia di ogni birrificio e scoprirne segreti e caratteristiche, conoscerne i protagonisti, capire perché i fondatori sono partiti con l’idea di produrre birra. Insomma, queste brevi introduzioni non sono da sottovalutare, ma, nella loro totalità , offrono una visione d’insieme sulla scena italiana, sono il biglietto di andata per un viaggio attraverso la storia e le meraviglie del tessuto brassicolo nostrano.
Passando al punto critico di ogni guida, i giudizi sulle birre sono espressi con stellette, da una a cinque, più un sesto livello rappresentato dalle 5 stelle rosse + etichetta, che, come già visto, contraddistingue un prodotto come rappresentante dell’elite brassicola italiana. La fascia di prezzo, contraddistinta da un numero variabile da 1 a 4, è un altro elemento fondamentale: incrociando questo dato con la valutazione, si possono scovare i migliori prodotti per il rapporto qualità /prezzo. La descrizione, infine, spiega le caratteristiche organolettiche della birra, gli ingredienti impiegati quando non usuali e, sporadicamente, lo stile di riferimento.
Oltre alla birre valutate, sono presenti anche birre assaggiate ma non giudicate e birre non assaggiate ma presenti nel “catalogo” del produttore. Dopo oltre 130 birrifici artigianali, si affrontano anche i birrifici industriali d’Italia, esattamente con gli stessi criteri dei micro. Può meravigliare che anche in questo caso si siano giudicati prodotti per definizione qualitativamente lontani dalle birre artigianali, eppure si può incappare in grandi sorprese: in parole povere si scopre che non tutte le industriali “fanno schifo”, ma che anche in questi casi è possibile trovare qualcosa di piacevole, con l’indubbio vantaggio che la fascia di prezzo mai supera il primo livello (il più basso, naturalmente).
Per concludere questo libro è davvero ben confezionato, valorizzato da una serie di scelte vincenti, oltre che da un lavoro impressionante dietro le quinte. E’ sì una guida alle birre d’Italia, ma io la considero quasi un romanzo, che racconta con competenza e passione la fantastica avventura della birra (non solo) artigianale nel nostro paese. In questo prezioso è il contributo dei due curatori, unito a quello di tanti nomi illustri (Kuaska, Schigi, Max Faraggi per citarne alcuni).
I miei unici e personalissimi appunti riguardano elementi minimi, sono davvero il pelo nell’uovo: in generale avverto giudizi un po’ troppo alti (io li avrei abbassati di un punto un po’ ovunque) e avrei gradito per le birre un più costante riferimento allo stile d’ispirazione (ove necessario). Per il resto lo ritengo uno sforzo editoriale praticamente perfetto, capace, visto il periodo, anche di sciogliere i dubbi su quale regalo fare a un appassionato di birra.
Anche io confermo, giudizi troppo alti e stile d’ispirazione costante.
Poi una cosa un po’ grave sui bicchieri…si parla di brillantante! Orroreeee
Altri commenti arriveranno una volta letta con attenzione.
Complimenti, ottima recensione.
Io ho presenziato ieri alla presentazione della seconda edizione della Guida (questa volta a colori) nochè alla prtemiazione/degustazione delle 22 “etichette d’eccellenza”
http://www.mentelocale.it/contenuti/comunicati/generic_html/SezioneScelta_var_comunicato/id_comunicati_varint_6468
E’ stata un ottima serata. SLEVIN