Lo scorso giugno Slow Food Editore lanciò Il Piacere della Birra, libro incentrato sulla nostra bevanda preferita. In breve tempo la pubblicazione sollevò nell’ambiente un infuocato vespaio di polemiche a causa del modo in cui veniva raccontato il birrificio Birra del Borgo, passato in mano alla multinazionale AB Inbev non molti mesi prima. L’accusa era chiara: come poteva un soggetto come Slow Food, portatore di precisi criteri etici nell’ambito enogastronomico, presentare in una sua opera un marchio ormai industriale, spendendo parole di encomio nei suoi riguardi? La questione si trascinò per diversi giorni sui social e sui siti specializzati, coinvolgendo diversi attori. In pochi tuttavia valutarono il libro nel suo complesso, andando oltre quell’unico, fatidico passaggio. Ecco perché ho preferito aspettare un po’ di tempo per leggerlo con calma e scrivere una recensione a mente fredda. Non mancherò di esprimere un’opinione sulla frase incriminata, ma lo farò solo alla fine, dopo aver illustrato l’intera opera.
Il Piacere della Birra, sottotitolato “Viaggio nel mondo della bevanda più antica”, si inserisce nella collana dei Manuali Slow di Slow Food Editore. Il suo obiettivo è dunque chiaro sin da subito: proporsi come manuale a 360° sulla birra, affrontando tutte le sfaccettature che compongono il suo straordinario universo. Una scelta astuta, perché in Italia non esistono molte pubblicazioni del genere: la più importante è sicuramente Degustare Le Birre di Randy Mosher, tradotta in italiano da MoBI. A differenza di quest’ultimo titolo, quello di Slow Food è però scritto a più mani: i curatori sono Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni, ma si contano quasi una trentina di autori – alcuni molto conosciuti nel panorama nazionale e internazionale – che hanno contribuito a diverse parti dell’opera.
I capitoli, sei in tutto, sono quelli che ci si aspetterebbe da un libro del genere. Si parte con un’approfondita introduzione alle principali materie prime: acqua, malto d’orzo, luppolo e lievito sono descritti con dovizia di particolari, arrivando talvolta a toccare temi molto tecnici, ma anche decisamente interessanti. Sulla stessa falsariga è il capitolo dedicato alla produzione, nel quale trova spazio anche un fondamentale excursus sui difetti. La storia della birra, con una parentesi dedicata al nostro paese, trova spazio nel terzo capitolo, battezzato La Cultura della Birra, mentre nel quarto vengono presentati birrifici e stili rappresentanti delle principali culture brassicole mondiali (Belgio, Germania e Repubblica Ceca, Regno Unito e Stati Uniti). Il quinto capitolo è dedicato alla conservazione, al servizio e alla degustazione; il sesto, infine, racconta la nostra realtà birraria presentando locali e soprattutto birrifici italiani organizzati per zona geografica.
L’impressione generale è che Il Piacere della Birra voglia sì proporsi come manuale sull’argomento, ma evitando di diventare troppo didascalico. Da qui l’idea di alternare capitoli prettamente didattici (i primi in particolare) ad altri di impostazione più “narrativa”. È in quest’ottica che ho interpretato la scelta di presentare le diverse tipologie birrarie del mondo raccontandole attraverso alcuni produttori internazionali. Una soluzione che funziona bene per certi stili, ma molto meno per altri – penso ad esempio alla parte dedicate alle Weizen, che ho trovato poco sviluppata e riduttiva per l’importanza che queste birre rappresentano.
Essendo scritto a più mani, Il Piacere della Birra presenta i classici pro e contro di libri del genere. Il neo è che, nonostante gli sforzi dei curatori, è impossibile non notare una certa disomogeneità tra le varie parti dell’opera, derivanti chiaramente dalle differenze in stile, visione e conoscenze di ogni singolo autore. Di contro l’aspetto positivo è che si è potuto costruire un team di lavoro di alto livello, così da fornire contributi di sicuro valore da parte di persone specializzate nei diversi temi toccati dal libro. Mi piace ad esempio sottolineare lo splendido scritto di Pietro Fontana (Birrificio Carrobiolo) dedicato alle Berliner Weisse: un vero e proprio manuale nel manuale su questa particolarissima tipologia, con spunti storici, produttivi e sociali riportati con precisione, competenza ed evidente passione.
Il capitolo conclusivo, dedicato all’Italia, si allontana dall’obiettivo specifico del libro (essere un manuale), ma per perseguire uno scopo condivisibile: far conoscere al lettore il movimento nazionale della birra artigianale, raccontando le storie dei suoi protagonisti e costruendo degli itinerari con parentesi turistiche e gastronomiche. Le zone geografiche considerate sono 10: Piemonte Occidentale, Piemonte Orientale, Lombardia, Triveneto, Emilia-Romagna, Toscana, Dal Tirreno all’Adriatico (cioè Lazio e Abruzzo), Campania, Puglia e Sardegna. Direi che di massima possiamo starci, anche se non mi è piaciuta molto la scelta compiuta per Lazio e Abruzzo: avrei unificato quest’ultima con le Marche (colpevolmente ignorate) e avrei lasciato uno spazio completamente dedicato al Lazio. Per quest’ultima regione, indubbiamente importante, oltre a molti locali è segnalato un solo birrificio (Birra del Borgo), manifestando un’impostazione poco sensibile alle moderne evoluzioni del mercato locale – pensiamo ai giovani e validissimi produttori che vi si sono affacciati negli ultimi anni.
E a proposito di Birra del Borgo, veniamo alla famosa frase che tanta attenzione ha ricevuto nell’ambiente. La riporto integralmente:
Nell’Aprile 2016, l’acquisizione del birrificio da parte di Ab-InBev (la più grande multinazionale di settore), pur lasciando immutata la squadra di lavoro e le ricette, ha generato non poche polemiche. Prevedibile, poiché è un fatto nuovo per il movimento italiano (all’estero molti prodotti ricchi di fascino hanno già superato questo “dramma”), un evento che ha rotto il velo di favola che finora ne aveva caratterizzato il racconto e l’interpretazione. Quello che consola nel momento in cui scriviamo è che i prodotti mantengono la costanza e la qualità di sempre: passeggiando in mezzo all’impianto produttivo vi accorgerete che la voglia di sperimentare è vivissima. Così come la convinzione – è anche la nostra -, che la qualità non è data dalla quantità prodotta, ma dal approccio alla ricetta, scelta delle materie prime, attesa del giusto tempo, libertà di espressione.
In linea di massima questo passaggio secondo me non è scandaloso. Si parla esplicitamente di una cessione all’industria e si usa il termine “consola” come a sottolineare un evento traumatico e decisamente poco piacevole. A un occhio “normale” la frase potrebbe quindi sembrare del tutto lecita e priva di motivi di polemica. Il problema è che Il Piacere della Birra è un libro edito da Slow Food e come tale dovrebbe andare oltre la semplice cronaca dei fatti. Se nutrirsi è un comportamento etico, allora dovrebbe esserlo anche la vendita di un marchio alle multinazionali. Non è una questione di qualità, di ricette, di voglia di sperimentare. È una questione di tutela dei piccoli marchi nei confronti di un mercato dominato da grandi industrie che in decenni passati hanno distrutto intere culture brassicole locali. Proprio quelle che Slow Food afferma di tutelare.
Per qualcuno una simile caduta potrebbe essere sufficiente per stroncare l’intero libro – e non potrei condannarlo per questo – ma se volete considerarla come un semplice passaggio a vuoto, allora sappiate che Il Piacere della Birra è un’ottima pubblicazione, che si inserisce molto bene nello striminzito mercato editoriale specializzato sulla nostra bevanda. Riprendendo il confronto con il competitor segnalato all’inizio – cioè Degustare Le Birre – può essere considerato complementare ad esso. Alcuni punti necessariamente si sovrappongono, ma personalmente li terrei entrambi come punti di riferimento: quello di Randy Mosher è secondo me un manuale in senso più classico, pur mantenendo uno stile effervescente e carico di spunti originali; quello di Slow Food è invece più un “atlante” della birra nazionale e internazionale, con elementi didattici di primissima qualità. Un titolo validissimo, non privo di difetti come abbiamo visto, ma da tenere sotto mano e consultare regolarmente.
Il Piacere della Birra
A cura di Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni
Edito da Slow Food Editore
Pagine: 320
Prezzo: 16.50 €
Sinceramente mi metto dalla parte dei non scandalizzati… perché se uno ha venduto allora non produce più birre buone? Perché non produce più birre legate al territorio e quindj alla filosofia Slow? Fino a prova contraria in Birrificio del borgo non è cambiato nulla rispetto a prima, come testimonia il libro stesso… penso che anzi Slowfood faccia bene a tutelare i prodotti, per quanto riguarda il produttore ci pensa già la legge a penalizzarlo, non potendo più apporre in etichetta la dicitura “artigianale”…
Abbiamo un sacco di altri prodotti italiani (alimentari e non solo) non più in mano italiana, ma li consideriamo alla stessa stegua si prima