Quando pensiamo alla provenienza degli stili birrari, solitamente le possibilità si riducono alle poche nazioni che rappresentano per il settore dei punti fermi da secoli: Germania, Belgio e Regno Unito, a cui si sono aggiunti in tempi recenti gli Stati Uniti. Uscire da questo ristretto novero è quasi impossibile, tanto che spesso le tipologie della birra vengono illustrate proprio per regione di appartenenza. In realtà esistono alcune eccezioni: stili insoliti o pochi diffusi, che si sono sviluppati in paesi diversi da quelli appena elencati. Il caso più lampante – e quindi tutt’altro che raro – è quello delle celeberrime Pils, nate nella città boema di Plzen e poi diffusesi in tutto il mondo con varie reinterpretazioni. Ma se si esclude la tipologia inventata da Josef Groll, sembrerebbe quasi impossibile emanciparsi dal quartetto di apertura. Tuttavia basta un piccolo sforzo per scoprire che la realtà non è così monocorde come si potrebbe pensare.
Bière de Garde
È l’unico stile di origine francese, sviluppatosi non a caso nella zona al confine con il Belgio. Legate alla vita nelle fattorie (così come le Saison o le Farmhouse Ale), sono birre tradizionalmente prodotte a inizio della primavera e lasciate maturare a lungo per il consumo in estate. È una tipologia piuttosto criptica, le cui caratteristiche non sono sempre esplicitate in maniera chiara e precisa, fondamentalmente per due ragioni: è poco diffusa ed è tornata in vita solo negli anni ’70 dopo aver rischiato di scomparire per sempre. In Italia sono pochissimi i birrifici che si sono cimentati con le Bière de Garde: ricordiamo ad esempio la Sella del Diavolo di Barley, la Gatto Mao di Dada, la Gare de Roubaix di Mezzavia e le birre di Extraomnes e Foglie d’Erba battezzate con lo stesso nome dello stile.
Grodziskie
Birre di frumento insolite e rarissime, originarie della città di Grodzisk in Polonia. Hanno caratteristiche molto peculiari: la base fermentescibile prevede principalmente malto di frumento affumicato e pochissimo (o per niente) orzo, i luppoli sono di provenienza ceca e tedesca (oppure polacca), il tenore alcolico è decisamente contenuto (2,5-3,3%) e al gusto risultano assai attenuate. Sono produzioni leggere e delicatamente affumicate, che appartengono a un modo antico di intendere la birra. Per fortuna lo stile è stato rilanciato in tempi recenti dal movimento internazionale della birra artigianale, con alcune interpretazioni che, pur non rappresentando dei blockbusters, hanno permesso di non lasciar morire una delle più interessanti tipologie brassicole regionali.
Vienna
Il nome dice tutto: questo stile nasce in Austria verso la metà del XIX secolo per mano di Anton Dreher – sì, l’omonimia con il famoso marchio industriale non è casuale. La sua genesi (ammantata da un’aura leggendaria) è curiosa e legata strettamente a quella delle Marzen: negli anni ’30 del 1800 Dreher conobbe Gabriel Sedlmayr, birraio come lui, in un viaggio tra diversi birrifici europei. I due strinsero amicizia e iniziarono a prelevare di nascosto campioni di birra da analizzare successivamente. Da quell’operazione di “spionaggio industriale” nacquero due nuovi stili birrari: Sedlmayr inventò le Marzen, Dreher le Vienna. Le caratteristiche sono in effetti molto simili: rispetto alle Marzen le Vienna sono leggermente meno maltate, più scorrevoli e più amare. A livello aromatico invece sono praticamente identiche. Curiosamente hanno goduto di una nuova primavera alla fine del XIX secolo dall’altra parte dell’oceano, in Messico.
Sahti
Dobbiamo spostarci in Finlandia per risalire alle origini di questo strana tipologia brassicola, a volte considerata proprio al confine del concetto stesso di birra. Tipico anch’esso della produzione nella fattorie, il Sahti è realizzato con malto d’orzo e altri cereali (quasi sempre segale), bacche di ginepro, lieviti da panificazione (o da Weizen) e senza bollitura del mosto. Gli aromi sono dominati da esteri (banana su tutto), fenoli e ginepro. Ritenerlo una bevanda a sé stante non è eresia, mentre per assaggiarlo nella sua interpretazione autentica non resta che recarsi in terra finnica, dove diversi birrifici lo producono tutto l’anno, spesso in maniera tradizionale.
Baltic Porter
In secoli passati si sviluppò nell’area del Mar Baltico questo stile, strettamente imparentato con quello delle Imperial Stout britanniche, di cui in effetti rappresenta una variazione sul tema. Le Baltic Porter hanno toni meno torrefatti delle Imperial Stout e presentano maggiore morbidezza e un tenore alcolico più contenuto. In alcune sfumature possono ricordare le Schwarz tedesche, anche perché rappresentano l’unica tipologia che non è legata a una famiglia di lieviti nello specifico: tradizionalmente potevano essere realizzate tanto con lievito Lager quanto con lievito Ale. Ne trovate diverse incarnazioni in tutto il mondo, ma ovviamente è consigliabile berle in loco, tra Estonia, Lettonia e Russia.
Chiaramente questo elenco non è esaustivo e bisognerebbe anche aggiungere le specialità italiane (Italian Grape Ale) e argentine, sebbene nell’ultima revisione delle Style Guidelines del BJCP non siano considerati stili ufficiali al 100%. La lista però è utile per comprendere come a volte ci si possa allontanare dalle classiche superpotenze birrarie per scoprire tipologie particolari, spesso caratterizzate da peculiarità uniche.
Quali sarebbero gli stili argentini?
IPA Argenta e Dorada Pampeana, come riportato dal BJCP
Uscendo un po delle guide di stili che si trovano in giro, possiamo citare la Chicha Peruviana fatta con il mais masticato dalle donne, e Il Koyt/Kuyt olandese.
Andrea, quando vieni in Brasile ti faccio assaggiare un paio Grodzisk come Dio comanda, qua adesso è moda e stanno facendo esempi fantastici.
Molto volentieri Doug grazie. Appena avrò occasione di venire in Brasile non mancherò!
In realtà la Pils è stata una scoperta di Josef Groll, non una invenzione. Lui avrebbe voluto brassare una Vienna, ma impiegò ingredienti del luogo.
Quindi mi stai dicendo che Groll voleva brassare una Vienna, ma quando arrivò a Plzen scoprì un albero da cui crescevano le Pils spontaneamente?
Basta leggere la storia riportata nei libri. Groll allievo di Dreher, fu chiamato a Plzen per sanare un’infezione. All’epoca, con serbatoi in legno, le infezioni erano abbastanza comuni ed era prassi consolidata, chiamare un mastro birraio esterno a risolvere il problema. Egli penso di brassare con l’occasione la birra inventata dal suo maestro, si portò il lievito a bassa, che allora era una novità, ma impiegò ingredienti locali: malto d’orzo di Moravia e luppoli Saaz. Con suo stupore ottenne una birra sorprendentemente chiara, per l’epoca, e sorprendentemente buona, visto il grande successo e la rapida espansone successiva.
Ammesso e non concesso che la storia dell’errore sia vera, Groll avrebbe comunque inventato (e non scoperto) le Pils. Per la differenza semantica tra scoperta e invenzione ti rimando al vocabolario della Treccani:
“Ideazione, creazione o introduzione di oggetti, prodotti o strumenti nuovi, o anche soltanto di un metodo di produzione materiale o intellettuale, e in genere di quanto può rendere più facile il lavoro, determinare attività nuove, contribuire al progresso della conoscenza e delle abilità tecniche; a differenza della scoperta, che riguarda il ritrovamento o l’individuazione di cose, realtà, relazioni sconosciute ma già esistenti, l’invenzione è per lo più legata allo studio, alla sperimentazione, alla ricerca empirica o scientifica”
In secondo luogo che la Pils sia nata per sbaglio è una leggenda. Devi spiegarmi come può uscire una birra dorata dalla ricetta di una Vienna. Visto che parli di libri, riporto il passaggio di quello di riferimento per la cultura birraria internazionale, cioè The Oxford Beer Companion to Beer. Roger Protz (non Pippo Franco) dice che:
A legend in Pilsen says the wrong type of malt was delivered to the brewery by mistake but this seems fanciful. It’s more likely that Martin Stelzer brought back from England a malt kiln indirectly fired by coke rather than directly fired by wood.
Io ti riporto una storia e tu citi una leggenda, vorrei sapere dove sta il nesso? Quindi tu stai dicendo che Cristoforo Colombo ha inventato l’America, perché lui voleva andare nelle Indie e così Joseff Grol voleva brassare una Vienna, non c’erano all’epoca altre basse ferementazioni, ha solamente impiegato materie prime locali e da qui la meravigliosa scoperta. Questa storia e non leggenda è riportata in diversi libri e viene insegnata nella storia dela birra nelle scuole più prestigiose. ma se tu non sei d’accordo allora deve essere falso.
Inoltre la leggenda che citi non puà essere vera e per dire questo basta aver visitato qualche birrificio storico Ceco, sono tutti dotati di malteria propria interna. Non serve nessuno Roger Protz a dircelo.
Al di là della difficoltà nel capire la differenza tra “invenzione” e “scoperta”, direi che possiamo fermarci a te che affermi che la Vienna era l’unica lager esistente all’epoca
Se la prima bassa fermentazione non è stata la Vienna INVENTATA da Anthon Dreher, maestro di Groll, dimmelo tu chi l’ha inventata.
Ah adesso la Vienna non era l’unica Lager esistente all’epoca dell’invenzione (ops scusa, scoperta) della Pils, ma semplicemente la prima a essere stata prodotta. Dai su Vincenzo, ti rimangi quello scritto sopra. Mettiamoci un punto eh.