L’ho scritto mille volte: il mondo della birra vive di tendenze, mode temporanee, fenomeni che si avvicendano con grande rapidità . È un ambiente giovane e in grande fermento, capace di modificare continuamente i propri connotati. Prendiamo l’offerta di pub e beershop: negli anni le tipologie di prodotti disponibili sono cambiate profondamente, evolvendo secondo itinerari che si sono sviluppati nel tempo. Qui a Roma ad esempio oggi vanno per la maggiore le birre di realtà che anni fa erano presenti in minima parte (Italia, USA, Scandinavia), mentre le superpotenze brassicole hanno subito un riassestamento in termini di numero e nomi dei rispettivi birrifici. Prendiamo il Belgio: una volta dominava gran parte dell’offerta, con tanti produttori “storici”. Oggi la sua presenza si è fortemente ridimensionata e sono comparse aziende più giovani e moderne.
Riflettendo su questo punto sono stato rapito da un impeto nostalgico, che mi ha riportato alla mente tanti nomi di birrifici belgi un tempo ampiamente diffusi. In passato erano produttori spesso apprezzati, sui quali si concentrava l’attenzione degli appassionati. Oggi nella migliore delle ipotesi sono presenti sugli scaffali più nascosti dei beershop e difficilmente arrivano alle spine dei pub – almeno per quanto riguarda la situazione della Capitale. Di quali produttori parlo? Eccovene alcuni…
Abbaye des Rocs
Questo è un birrificio che ho amato molto, in particolare per la Blanche des Honnelles, di cui Kuaska non perdeva occasione per tesserne le lodi. Si tratta di una Blanche molto sui generis, ben lontana dai canoni classici di una Blanche de Namur – per citare un prodotto che molti conosceranno. Devo ammettere anche di essere stato a lungo invaghito per La Montagnarde (una tipica Belgian Strong Ale), così come non disprezzavo la birra ammiraglia, che si chiama Abbaye des Rocs come il birrificio. All’epoca lo consideravo una delle migliori realtà brassicole del Belgio.
Het Anker
Molti di voi conosceranno il birrificio Het Anker soprattutto per il suo marchio Gouden Carolus, che denota una discreta varietà di birre. A me le produzioni standard non mi hanno mai fatto impazzire, tuttavia ce ne sono alcune che merita sicura menzione: la Gouden Carolus Noel, realizzata ovviamente per le festività natalizie, e la Cuvee Van De Keizer. In tempi recenti ha cercato di dare una rinfrescata alla sua gamma con la Hopsinjoor, che non mi risulti abbia fatto sfracelli fuori dai confini nazionali. Produce anche una birra pasquale.
Van Honsebrouk
Anche qui il nome del birrificio vi dirà poco, mentre qualche lampadina dovrebbe accendere quello del marchio più importante, Kasteel. L’azienda produce cinque Kasteel, di cui la più famosa è la Rouge. In tempi recenti si è aggiunta la Kasteel Hoppy, di cui potete immaginare le caratteristiche. Sono birre che non ho mai apprezzato veramente, ma che trovavo sempre negli scaffali dei beershop. È un marchio che porto nel cuore perché la Kasteel Donker, con i suoi 11 gradi, fu la birra più richiesta al nostro banco DZR dagli sfascioni di Birromania 2006 🙂 .
Dubuisson
Dubuisson ovvero Bush, marchio un tempo molto conosciuto soprattutto per la gradazione alcolica delle sue birre (quasi sempre tra il 10% e il 13%). La Bush Blonde è stata una delle prime birre artigianali che ho bevuto con coscienza, poi appena ho raffinato il mio gusto mi sono orientato verso cose più raffinate – infatti non si può certo dire che le Bush brillino per eleganza. Anche in questo caso c’è una natalizia nella gamma, la Bush de Noel.
Questi sono i birrifici belgi “classici” che più di altri sono stati vittime dell’evoluzione del mercato italiano (romano). Altri hanno subito il colpo, ma non a simili livelli (Rulles, St. Bernardus, ecc.), mentre alcuni produttori sono rimasti praticamente indenni, come Dupont, De Dolle, i trappisti, ecc. Come dicevo in apertura, alle aziende descritte si sono avvicendati altri nomi più giovani, come De La Senne o Struise.
È stato così anche per voi? Vi ricordate i birrifici e le birre raccontate in questo post?
Tanti di questi nomi li troviamo tranquillamente in quei pubs che si avvicinano timidamente al prodotto “craft” offrendo questi marchi come novità .
In bottiglia ovvio, alla spina le solite cose.
ciao rappresento un birrificio del belgio e ogni volta che vorrei fare qualche manifestazione qui in italia x promuovere la birra mi rispondono che fanno tutto da soli ,
oppure solo birra italiana allora dopo non vi lamentate ciao a presto.
CIAO SE VUOI PUOI CONTATTARMI IO STO TENTANDO DI APRIRE UNA birreria a napoli cerco birre belghe o nn conosciute da poter sponsorizzare e crearci un markio il mio num è 3398172903
Proprio oggi ho acquistato un tot di bottiglie di Abbaye de Rocs e di Hommelbier per la grigliata di domani con i colleghi. D’altra parte se vuoi bere bene e spendere poco, è rimasto solo il Belgio.
…e un po’ di Germania aggiungerei. Buona grigliata!
Sì in effetti hai ragione, ho preso anche una cassa di Spezial Rauchbier Lager 🙂
Il mio approccio con il mondo artigianale è stato proprio con le belghe da te citate a cui aggiungerei Achouffe e Bosteels ( quante bevute con la Karmeliet e la kwak)….sono marchi che sono andati un po a sparire a Roma e nei locali birrai più di tendenza della provincia un po perchè la moda birraia ha spostato i cardini verso altri stili birrai ( tant’è che anche gli stessi belgi si sono adeguati negli anni con le versioni hoppy dei loro prodotti) anche per quanto riguarda gli stili belgi ( crescita esponenziale della varietà di disponibilità delle saison o dei lambic, un tempo merce molto rara), ma anche perchè se poi andiamo ad analizzarle da palato raffinato ci accorgiamo che queste birre poi in realtà non erano tutto sommato gran che. Diverso il discorso di quei birrifici /marchi storici che rappresentano la quintessenza di uno stile e sopravvivono egregiamente: saison dupont, blanche de namur, tripel karmeliet, st bernardus tripel, chouffe blonde, oppure ancora l’isola felice delle trappiste che sopravvivono a qualsiasi moda o ciclone: saranno i nomi blasonati che parlano da soli, sarà una produzione che con gli anni si mantiene sempre di livello egregio ma nonostante i miei gusti si siano spostati decisamente dal mondo belga se mi metti davanti una delle sorellone trappiste è sempre un’emozione e personalmente anche dare la caccia alle trappiste più rare (spesso solo possibile in loco nei paesi bassi) è una cosa abbastanza gratificante. In compenso però nella piena provincia dove la scena artigianale inizia a vedersi recentemente o fa fatica a decollare la prospettiva è completamente rovesciata: io conosco locali che non riescono a piazzare gli stili amaricanti o le artigianali italiane neppure se pregano in ginocchio e birre come la bush blond, la gulden draak, la kasteel e simili vanno via come il pane…
proprio ieri ho ribevuto una orval 2010, e quando riprovi questi mostri sacri ti rendi subito conto della grande qualità e complessità dei prodotti del belgio. in ogni caso, non muoiono di fame, oltre al mercato interno che è sempre florido, la “moda del belgio” dilaga in usa, Gli americani sono ben disposti a strapagare birre che noi consideriamo di semplice reperibilità , un po’ come succede a noi con le birre americane
Vero. Però c’è sempre qualcuno, anche qui, che questi prodotti non li molla mai.
Secondo me se ne sente la mancanza perchè le nuove leve del Belgio brassicolo non sempre sono all’altezza né dei migliori produttori dei tempi andati né di quelli attuali del resto del mondo, eccetto i nomi che si fanno nell’articolo e pochi altri.
è anche vero che, mentre il mercato dei grandi classici vive un momento di stallo (almeno da noi), un’altro spaccato di arte brassicola belga sta vivendo un momento di gloria. quello delle birre acide, che sono in tutto e per tutto uno stile tradizionale e forse la vera essenza di quel che rimane delle produzioni storiche. Complice un po’ il fatto che vanno di moda, complice il fatto che gli appassionati italiani le hanno finalmente sdoganate, ad oggi, secondo il mio modestissimo parere, sono i prodotti più interessanti che possiamo trovare nell’italica terra.
Mah, non sono del tutto d’accordo. Apparte che non riesco a commentare il post ma solo a rispondere ad altri commenti. Ci sono nuove birre e nuovi birrifici in Belgio che stanno producendo ottimi prodotti, superiori a quelli italiani secondo me, e a prezzo ben più basso. L’altra sera mi è capitato di trovare nei pressi di Parma una bottiglia da 33cl chiamata Teppistenbier, a quanto pare questo birrificio (White Pony) produce in Belgio ma è dal Veneto (e guardando su facebook pare abbia anche birre piuttosto particolari), ed è proprio una gran birra, in Italia di quadrupel così non ne ho mai viste sinceramente. Poi il fatto è che si va sulle mode che ultimamente sono birre amarissime o super-costose, o magari con aggiunta di ingredienti strani, e quindi solo poche persone guardano al Belgio, perchè comunque lì si produce tenendo d’occhio la propria tradizione. ci sono un casino di birre valide ma introvabili al dì fuori del Belgio, e ottimi birrai che pur rispettando la tradizione creano buoni prodotti, e costano decisamente meno delle italiane, poi come in ogni paese ci saranno delle birre più buone e altre meno, ma la percentuale lì mi sembra decisamente sul positivo, tralasciando alcuni birrifici che spesso hanno problemi di infezioni o cose simili. Comunque, in ogni luogo o paese, basta saper scegliere!
Posso confermarti il tuo punto di vista da giovane ed ancora poco esperto venditore online.
Nonostante il 30% del mio catalogo sia belga, queste rappresentano il 10/15% delle vendite.
Secondo me per due fattori: come dici te, il fenomeno USA ed Italia (e Scozia) sta crescendo (infatti sono le birre che vendo di più) e la moda fa da padrona.
Ma aggiungerei anche il fatto che, relativamente alla disponibilità nei beer-shop, molte birre belghe (oltre alle trappiste anche altre che citi nell’articolo) si trovano facilmente in molti supermercati a prezzi insostenibili per un beer-shop.
In effetti ormai chouffe, st.bernardus, tripel karmeliet, kwak, molte delle trappiste, la saison dupont, la blanche di namur le trovi agevolmente al supermercato ( una simpatica sorpresa degli ultimi tempi è stata la true faux una tripel/champenoise ma a costi decisamente più accessibili rispetto la media di questi prodotti che si trova anche al supermercato), chi te lo fa fare di andarle a prendere in un beershop e pagarle il doppio?
forse le condizioni impresentabili in cui si riducono a volte al supermercato?
certo ora che aprono b.shop cani e porci bisogna stare in campana anche li…
infatti solo dio sa come vengono tenute le birre in certi beershop, quindi se devo pagare quasi il doppio una birra che posso comprare pure al supermercato ed è conservata comunque alla meglio me sento, se permetti la compro lì
mah sinceramente a meno di doni divini(es. orval di appena 2 mesi di boccia all’Elite) preferisco evitare grande distr a piè pari, troppi lavandinaggi alle spalle
per i bshop aperti da dubbi personaggi che pare si trovino li per caso qualcosa prendo, sempre scandagliando accuratamente la data di produzione
per tutto il resto grazie a dio a rm i bshop di fiducia e di competenza non mancano…
Il motivo per cui queste belghe sono state ormai relegate in un angolo buio della nostra memoria, è riconducibile all’affinamento graduale delle nostre capacità degustative. Un po’ tutti, nella nostra fase pionieristica, le abbiamo apprezzate, ma solo fino a quando non abbiamo assaggiato prodotti decisamente migliori e più complessi. Del resto, il passaggio da una volgare Kwak ad una sopraffina Pannepot ti fa capire tante cose…
Ma qualità a parte, anche la moda del luppolo ha cambiato i nostri gusti e mietuto le sue vittime, anche in casa nostra. Mi pare, ad esempio, che un nome come quello di Baladin non riscuota più tra gli appassionati lo stesso successo di cui godeva fino a qualche anno fa…
come non darti ragione? sono d’accordissimo con te…se queste birre sono finite nel dimenticatoio è perchè i nostri palati si sono affilati, mentre delle compagne scoperte nello stesso periodo continuano a rimanere nei nostri cuori 🙂 però su baladin secondo me il discordo è ancora diverso: io le sento peggiorate come birre, almeno quelle basic…
Palati che si sono affilati??? In molti casi li definirei asfaltati…;-)
Ricordo caro Presidente, una Montagnarde immensamente spettacolare, bevuta al mitico Senza Fondo di Roma, talmente buona che quella bevuta mi è rimasta impressa negli anni…Purtroppo l’Abbaye des Rocs, birrificio all’epoca realmente straordinario, ha avuto in seguito qualche problemino (qualche tonnellata) e li ho persi un pò di vista, li ricordo solo per essere stati contesi fra Beer Concept e Interbrau…Per svariati motivi quella disputa mi divertì parecchio…Finì con un mare di litri di birra infetta.
Comunque una bella Cuvee Van de Keizer d’annata rappresenta sempre un bere di gran lusso…Mi hai fatto tornare voglia di aprirmene una…
Caro Colonna, io per la Montagnarde mi mettevo in macchina e attraversavo mezza Roma per berla alla spina. Non era al Senza Fondo, ma in qualche altro pub… cavolo non ricordo il nome! Puoi aiutarmi?
Sì poi l’Abbaye des Rocs ebbe problemoni seri…
sicuramente è un discorso molto complesso e pieno di sfaccettature: su alcune birre pesa il cambio di tendenze dalle bombe zuccherine alle bombe luppolate, per altre il problema sta nel calo qualitativo che può avere avuto un birrificio negli anni ( ok non è belga ma è la vicino, mi viene in mente il caso della De Molen dove ormai quando apri una bottiglia devi pregare iddio che non esce un geyser di birra) per altre semplicemente il palato all’epoca le considerva il meglio disponibile: onestamente nulla da dire sulla linea della gouden carolous o sulle kasteel che sono simpatiche e piacevoli ancora adesso da bere ( sulle abbaye de rocs non mi esprimo, non le bevo da parecchio) ma sinceramente roba come le linee bush, biere du boucaniere o la gouden draak non le tocca quasi più nessuno che abbia diciamo un esperienza sul campo valida per il semplice fatto che sono mappozzi di alcohol allucinanti e basta, eppure illo tempore ci sembravano il meglio che il mondo birraio poteva offrirci. Se non sono sopravvissuti ai cambi di moda mentre altri nomi belgi si, evidentemente è perchè la qualità è quella che è 🙂
Forse Teo Musso negli ultimi tempi si sta facendo distrarre un po’ troppo dalla commercializzazione di sidri, distillati, cedrate, ginger, cioccolatini, creme e gelatine varie… 😉
La Hopsinjoor la assaggiai qualche tempo fa, diciamo anno và …Ne ho un buon ricordo.
La Bush de Noel, chiamata da me “De Noantri”, a me piace, lo so che è dolce aiutateme a dì dolce, ma a Natale per me è obbligatorio bermene almeno una coppa…
ma a proposito di bush….qualcuno ha assaggiato la peche? sarebbe da includere nella lista dei crimini contro l’umanità quella porcheria…
La Montagnarde la ricordo bene, l’acquistai per festeggiare la mia prima collezione di bicchieri! La Kwak si mantiene sempreverde, ma solo grazie al bicchiere “del cocchiere”, e la Blanche de Namur continua a mantenere un buon rapporto qualità /prezzo.
sinceramente per quanto l’Abbaye des Rocs non penso che abbiano inciso null’altro che l’evoluzione di gusti e mercato.
Birre come le varie Brune, Grand Cru, Triple Impériale (bevute tutte d”inverno, come si compete loro :D) rimangono riferimenti di stile.
Erano molto bevute soprattutto perché erano tra le più facili da trovare in giro.
Secondo il mio modestissimo parere, a Roma c’è ancora spazio per beershop/pub in cui sia presente l’abc dei classici belgi/tedeschi (leggi Bamberg e dintorni)/inglesi e le loro evoluzioni più recenti (Struise, Dolle, Dark Star solo per dire i primi che mi vengono in mente)…giustamente qui molti pub/bshop cavalcano l’onda del prodotto (passatemi la parafrasi) “slow beer” artigianale italiano, che probabilmente starà producendo molti introiti almeno ai player più grandi, però non vi nascondo l’esaltazione che provo quando spunta a sorpresa uno dei nomi citati da Andrea in mezzo alle solite 10000 tonnellate di luppoli delle birre nostrane.
è un pò come in tv in estate passano quei film anni ’70 che non vedi da una vita: magari te li ricodi pure a memoria, ma te li godi volentieri sempre in mezzo a tanta “avanguardia”…
Manca molto anche a me l’Abbeys des Rocs, adoravo quella birra agli inizi.
Anche la Blanche era eccezionale.
La Montagnarde la ricordo particolarmente sbilanciata sul dolce, e tipicamente consigliabile a chi non sopporta l’amaro, ma cmq io l’apprezzavo.
Il problema credo sia anche relativo alla reperibilità e al conseguente canale di distribuzione che manipola le bottiglie.
Ho bevuto delle Duvel che si potevano vuotare comodamente nel lavandino, poi
birre scadute (St.Bernardus), ecc ecc.
Questo mi è capitato sia nei supermercati, sia purtroppo nei beeshop.
E’ che ancora si sottovaluta la luce che pigliano le bottiglie, imho.
Insomma il Belgio in bottiglia è stato bistrattato da diversi fattori, non ultimi quelli di una mancanza di cultura della conservazione.
Poi credo che più che palato affinato, sia stata l’invasione american IPA e un po’ di geekismo inconsapevole ad aver fatto cambiare il vento.
Quel meccanismo tipico del: siccome questa la trovo dappertutto, non la bevo più e vado su qualcosa di più ricercato e meno mainstream.
Nel suo piccolo anche quello ha inciso, imho.
p.s. tra l’altro non mi pare che ad esempio la Pannepot sia poi molto più diffusa al momento, sempre parlando di bottiglia. E’ proprio come diceva qualcuno la tendenza del momento a portare su altri stili….
Ciao per curiosità qualcuno mi può raccontare (anche brevemente) che problemi ebbe Abbaye des Rocs? Grazie!!