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Quando la burocrazia ostacola la birra: il caso Yblon

Il venerdì solitamente è dedicato a post un po’ più leggeri, ma oggi faremo una doverosa eccezione. Quella che vi sottopongo, infatti, è un’avvilente vicenda che ha per protagonista il birrificio siciliano Yblon e che dimostra, in modo esemplare, quanti danni possono arrecare le evoluzioni più aberranti di una burocrazia miope: un problema purtroppo ampiamente diffuso nel nostro paese e non solo nel settore brassicolo. Sono tantissimi i birrai che ogni giorno devono lottare contro l’applicazione paradossale di regole spesso mal scritte, cercando una via d’uscita nei confronti di normative che risultano quantomai ostacolanti per una piccola azienda. Se questo è vero nell’attività imprenditoriale di tutti i giorni, nel caso del birrificio Yblon ha raggiunto vette estreme di triste surrealismo.

Ad oggi, il birrificio Yblon non può operare perché i suoi impianti (mai utilizzati) sono sotto sequestro. Stesso destino per le bottiglie contenenti birra realizzata a proprio nome presso un altro birrificio, che ne frattempo sono diventate invendibili perché scadute. La ragione? Semplicemente quella di utilizzare un impianto pilota per sperimentare le proprie cotte all’interno del cantiere che in futuro sarebbe diventato il birrificio. Ma per leggere tutta la storia – cosa che vi consiglio di fare – c’è il comunicato rilasciato nella giornata di ieri dai ragazzi dell’Yblon.

“Impresa e burocrazia. Il caso del Birrificio Yblon” 

La storia del marchio Yblon è complessa e travagliata. Racconta della determinazione di un gruppo di giovani imprenditori ragusani ostacolata, come spesso accade, dalle cavillose procedure burocratiche italiane e dalla scontata esigenza di rispetto delle leggi, che rperò devono potersi interpretare con elasticità per non divenire barriere insormontabili.

La società Yblon nacque lo scorso anno dall’idea di realizzare una nuova ricetta di birra artigianale. Come iniziare? Come ovvio, dalla struttura: bisogna trovare i locali, acquistare i macchinari e testare la ricetta prima di poter dare inizio alla produzione.

Così, trovata la sede, il gruppo inizia i lavori di ristrutturazione dei locali e acquista i macchinari. In attesa che il cantiere si completi, il gruppo Yblon, che non ha intenzione di perder tempo, si organizza per iniziare a testare la ricetta e per mettere in produzione un primo lotto, appoggiandosi ad un birrificio della provincia già fornito di tutte le autorizzazioni possibili.

Quest’ultimo, prima di iniziare la collaborazione con Yblon, si rivolge all’agenzia di dogana di Pozzallo, che come unica istruzione dà disposizioni sulla registrazione delle materie prime in entrata e su quella della merce prodotta in uscita.

Intanto, i titolari del gruppo Yblon decidono di attivare l’impianto pilota nella propria sede, che ancora è un vero e proprio cantiere, per testare (con cotte da 15/20 litri) le ricette che in seguito sarebbero andate in produzione presso le strutture dell’altra azienda. Sperimentare una ricetta, come è facile intuire, è un passaggio fondamentale per assicurare al consumatore finale un prodotto di qualità.

Il 24 giugno, però, una visita a sorpresa dell’agenzia di dogana di Siracusa, dispone il sequestro delle attrezzature ancora scollegate, dell’intero immobile ancora in costruzione e dell’impianto pilota. L’accusa è di produzione clandestina, nonostante i funzionari della dogana abbiano constatato di trovarsi in un cantiere. La presenza dell’impianto pilota funzionante, dei fermentatori in plastica, di qualche vecchia bottiglia e di due sacchetti di malto forniscono prove sufficienti per l’accusa.

“Durante le fasi di archiviazione dei materiali – raccontano i titolari del gruppo – ci è stato chiesto più volte di illustrare le fasi di lavorazione della ‘distillazione’ della birra e, in merito alla decisione di produrre la nuova ricetta presso un altro birrificio, ci sono state poste domande del tipo ‘Ma com’è possibile che un birrificio concorrente produca per voi?’ e anche ‘Ma non è controproducente per voi dare la vostra ricetta ad un concorrente?’. Da restare allibiti!

A questo punto il gruppo Yblon si trova costretto ad avvalersi di un legale che dopo un mese riesce ad ottenere il dissequestro dei locali, ma non dell’impianto pilota e dei fermentatori che rimangono per il magistrato un mezzo con il quale nei mesi successivi l’impresa avrebbe potuto continuare la sua “attività illecita”; impedendo così la continuazione dei lavori di sistemazione degli impianti (gas, vapore, acqua e via dicendo).

Oggi, a distanza di otto mesi dal sequestro, gli impianti sono ancora bloccati, le bottiglie sequestrate, anche se prodotte legalmente sotto la licenza del birrificio partner, sono scadute e quindi invendibili.

Birrificio, si spera, Yblon.

Credo che la vicenda lasci poco spazio ai commenti. Risulta quantomai avvilente scoprire che in Italia è così difficile fare impresa a causa di una burocrazia spesso incancrenita, tanto più in un momento storico come quello che stiamo vivendo.

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L’unica cosa che possiamo fare è diffondere la notizia il più possibile, sperando che sia d’aiuto per risolvere la questione in tempi ragionevoli. In bocca al lupo al birrificio Yblon.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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20 Commenti

  1. Da quello che si legge nell’articolo sembra che il birrificio abbia compiuto un’ingenuità punita con eccesso di zelo.
    Riguardo invece i commenti delle forze dell’ordine sembra di stare in qualche barzelletta di pierino…

  2. Vicenda alla Joseph K. Funzionari che entrano in un cantiere e trovano 2 pentole da cucina pensando che possano fungere da impianto clandestino.
    Veramente incommentabile, sono allibito, solidarietà totale ai ragazzi Yblon.

  3. Oh se mai inizieranno la prima birra la dovranno chiamare “a clandestina”….
    Delle volte lo stato fa di tutto per farsi dare dello stupido…

  4. Incommentabile, sembra proprio che non ve lo vogliano fare aprire sto benedetto birrificio…ragazzi se e quando riuscirete a partire contattatemi che un piccolo ordine di solidarietà ve lo voglio fare.

    • Ottimo! Ed io verrò a comprarla al volo.
      Questo piccolo paese ha la capacità di stroncare la voglia di intraprendere qualsiasi iniziativa.

  5. ormai in questo paese ci sono 2 mondi.
    quello privato (in tutti i suoi ambiti e lavori) che va ad una velocità e quello delle amministrazioni, il pubblico, che invece ha tirato il freno a mano.
    la cosa che lascia allibiti è la mancanza di buonsenso.

  6. Spero di poter aiutare i ragazzi di Yblon (appena pronti) anch’io con un piccolo ordine
    La prima cotta non ho dubbi che si chiamerà “DOGANALE”
    E questa volta gli perdoneremo la ALE finale 🙂
    In bocca al luppolo!

  7. C’è da restare allibiti difronte alla buona volontà, l’impegno, le risorse spese per un progetto che immagino abbia dei grandi costi di gestione anche in questo momento quando tutto deve rimanere immobile per forza maggiore… E la burocrazia con i soliti tempi da pachiderma anche rendendosene conto rimane indifferente… Ma Dio mio, qualcuno che legge o sa della situazione che possa far qualcosa non c’è?!?! Certo noi siam fatti così, fin quando non viene leso il nostro interesse privato restiamo immobili a guardare e se convinti ci limitiamo ad esprimere la nostra inutile e spesso finta solidarietà…. Cos’è meglio stare con le mani in mano aspettando un assegno di qualche assegno di un ammortizzatore sociale o mettersi in gioco e spendersi per un progetto?!? Per cosa poi? vedere le proprie risorse sfumare pian piano nel nulla?!? perchè magari non si tratta di imprenditori truffaldini che avevano qualche centinaio di migliaia di euro da investire, ma di gente che ha investito in questo progetto tutto quello che aveva… Solidarietà verso gente che si scontra contro muri di menefreghismo….

  8. Senza parole davvero. Purtroppo siamo alla mercee di un vuoto legislativo che da spazio a chi vende acqua gialla spacciandola per birra e che poi inbriglia chi si da da fare per fare qualcosa di buono. Fa spavento pensare che chi voglia produrre birra di qualità abbia più bisogno di un avvocato che di un chimico.

  9. Mha!
    Immagino ci sia stato un accordo scritto con il birrificio ospitante e pure delle fatture per la cessione della birra. Quelle sono prove inconfutabili che la birra è stata prodotta in un altro birrificio e che l’impianto pilota è solo per il product development.

  10. Questi personaggi biechi ed ignoranti dovrebbero rispondere in prima persona dei danni causati dai loro colpevoli errori! Loro come amministratori delegati di mega aziende (spesso statali) e responsabili vari che in questo paese rubano stipendi da sogno per creare solo problemi alla gente! Noi se sbagliamo qualche sciocchezza rischiamo di mangiarci la casa per pagare, loro impuniti anche per errori di questa portata! Un ufficiale delle dogane che scrive in un verbale distillare la birra andrebbe solo per questo rimosso e rimandato alle elementari a calci in culo!!!!!! Questi creano danni anche all’economia del nostro paese oltre che al povero malcapitato di turno! Sfruttiamo sto blog per creare un gruppo a sostegno dei ragazzi! E ora che la finiscano! Noi siamo l’Italia non loro!

  11. Mi mette tristezza leggere queste disavventure di chi con tanta passione vuole intraprendere una strada già di per se molto complicata….anch’io appena sarà possibile voglio dare un contributo al mio “ex collega” hindoo,con un bell’ordine di birra…non mollate la presa!!

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