Con una cerimonia di premiazione che ha rappresentato il momento più atteso dello scorso fine settimana, ieri è stato svelato il vincitore dell’edizione 2016 di Birraio dell’anno. Ad aggiudicarsi il premio di Fermento Birra è stato Marco Valeriani del birrificio Hammer di Villa D’Adda (BG), che ha prevalso tra gli altri 20 finalisti rispettando il pronostico di molti addetti ai lavori. Valeriani ha preceduto nell’ordine Emanuele Longo del Birrificio Lariano, Alessio “Allo” Gatti di Canediguerra, Agostino Arioli del Birrificio Italiano e Luigi “Schigi” D’Amelio di Extraomnes. Un risultato per certi versi straordinario, arrivato alla prima partecipazione di Marco al concorso in questione. Un concorso – ricordiamolo – basato non su assaggi alla cieca delle singole birre, ma sulle preferenze di decine di esperti e appassionati chiamati a esprimersi sulla qualità del lavoro dei birrifici nei precedenti 12 mesi.
Come accennato, non sono pochi quelli che avrebbero puntato sulla vittoria di Marco Valeriani. Il motivo è semplice: è stato uno dei primi in Italia ad aver interpretato nel modo più autentico gli stili americani incentrati sulla valorizzazione del luppolo, secondo un percorso iniziato ai tempi della collaborazione con Menaresta e salito ulteriormente di livello con la nascita del marchio Hammer (risalente solo al 2015). Ma i meriti di Valeriani non si fermano certo qui, poiché in questi anni ha mostrato grande talento anche con stili molto diversi da quelli che l’hanno reso celebre nel panorama brassicolo nazionale. Alla base dei risultati raggiunti – che chiaramente non iniziano e finiscono con Birraio dell’anno – ci sono un profondo studio e un’attenzione quasi ossessiva a ogni minimo dettaglio. Due aspetti che non dovrebbero mancare a chiunque si avvicini a questa professione: non esistono contesti in cui l’improvvisazione e la superficialità vengono premiate, dunque non si capisce perché per la birra dovrebbe funzionare diversamente.
Personalmente sono molto soddisfatto della vittoria di Marco, così come della composizione del podio finale. Emanuele Longo di Lariano è un professionista esemplare, che non ama troppo i riflettori. Umile e sempre disponibile, il suo secondo posto conferma una crescita qualitativa costante delle sue birre, che negli ultimi anni ha subito un’impennata clamorosa. Ha un gusto speciale invece il terzo posto di Allo, che arriva alla sua prima candidatura con il marchio Canediguerra: un birrificio con cui, dopo anni di “gavetta” in giro per l’Italia, sembra finalmente poter esprimere pienamente la sua anima birraria. Da notare poi il dominio della Lombardia, che ha piazzato quattro finalisti su cinque: se avevate ancora dubbi su quale fosse la migliore regione italiana per la birra artigianale, ora dovreste avere solo certezze.
Contestualmente al premio assoluto, anche quest’anno è stato assegnato il riconoscimento per la “categoria giovani” che ha visto trionfare Conor Gallagher Deeks del birrificio Hilltop di Bassano Romano (VT). La graduatoria finale ha visto il birraio irlandese precedere nell’ordine Marco Ruffa (Crak), Luciano Landolfi (Eastside), Flaviano Brandi (Bibibir) e Michele Solimando (Ebers). Delle possibilità di vittoria di Conor avevamo parlato giusto giovedì scorso, in un post che può essere utile se volete approfondire il suo profilo e quello dei suoi quattro colleghi. Ha senso sottolineare che se la Lombardia (e il Nord in particolare) ha dominato la categoria “senior”, quella di Birraio Emergente ha visto la presenza quasi esclusiva di birrifici del Centro-Sud. Una differenza di “anzianità” che rispecchia fedelmente la storia della diffusione della birra artigianale nel nostro paese.
Ora sarà interessante verificare la tenuta dei birrai premiati nel concorso Birra dell’anno di Unionbirrai, che si terrà a febbraio e che si basa su un funzionamento completamente diverso. Lo scorso anno proprio l’assenza di Hammer tra i premiati in determinate categorie fu salutata come la pietra dello scandalo dell’edizione 2016. Diciamo che Marco Valeriani ieri si è preso la sua vendetta, proprio come accadde con la birra che anni fa lo portò all’attenzione delle cronache birrarie – stiamo parlando della 22 La Verguenza di Menaresta. Ne vedremo delle belle.
[…] birrificio: nelle due precedenti edizioni di Birraio dell’anno, infatti, aveva festeggiato come semplice dipendente del birrificio Hammer. Dunque a distanza di quattro anni il cerchio si chiude e Marco è tornato […]